Chi è causa del suo mal…

L’altro giorno vedevo in tv una replica delle Interviste Barbariche di Daria Bignardi. La puntata era di qualche mese fa e aveva come ospite Luna Berlusconi.

lunaberlusconi

La figlia di Paolo, e nipote di Silvio veniva qualificata come Consigliere d’Amministrazione “Il Giornale”, questo fatto è importante, ci torno tra poco.

Dopo le solite domante cazzeggianti , tra gossip, un po’ di attualità, un po’ di scene di vita familiare e ripetuti tentativi di far uscire dalle mura della famiglia Berlusconi commenti su bunga bunga, olgettine e quant’altro (tentativi piuttosto ingenui tra l’altro, ti pare che non difende la famigghia…), la Bignardi fa una domanda abbastanza interessante visto il personaggio.

La domanda è più o meno “cosa si prova a portare il nome di Berlusconi”.
È interessante perché un commento su questo è il vero valore aggiunto che può dare un membro di secondo piano di una famiglia il cui capo ha condizionato l’Italia negli ultimi anni.

La risposta di Luna è stata abbastanza prevedibile, “dico solo dopo chi sono perché c’è un pregiudizio”.

Prevedibile perché la reazione della gente è abbastanza scontata, sia in positivo che in negativo ma in ogni caso molto finta. Luna tuttavia, dopo vari giri su processi e altro, chiude l’intervista con un episodio che rinforza la situazione, sentiamolo:

Ecco l’episodio, oltre ad essere indice di una palese idiozia di chi ha scritto quelle cose, è comunque un segno fondamentale di come è la situazione politica in Italia: una rissa continua tra tifoserie opposte.

Tu puoi essere anche una bravissima persona, ma se scopro che sei d’aa lazzie te gonfio de botte!

Ma la colpa di questo di chi è? Ma di Berlusconi zio ovviamente. Lui ci ha fatto carriera estremizzando le cose in Italia negli ultimi vent’anni, ed è stato sponda per chi dall’altra parte non aspettava altro (anzi l’ha aiutato) per estremizzare a sua volta la propria gente.

Qui viene fuori però il ruolo della signora Luna: lei è nel CdA del Giornale.
Sapendo questa cosa e avendo ascoltato l’episodio, la Bignardi le chiede subito dopo una cosa molto, molto sensata:

“Lei è nel consiglio d’amministrazione del Giornale, ha potere perché si smorzino i toni da tutte le parti. Lo fa? Ci prova?”

E cosa risponde la consigliera, ovviamente guardando subito al focus di tutta la famiglia, ovvero il profitto:

“Cosa devo fare? Devo far vendere meno copie al Giornale?”

Ecco. Allora, cara signora Luna Berlusconi, venda molte copie ma quando le arriva il deficiente di turno, pianga almeno un po’ se stessa.

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I cani da guardia e l’apriscatole

Una delle mosse più interessanti dell’insediamento della legislatura è stata la scelta dei grillini di sedersi in alto nell’emiciclo.

M5S IN ULTIMA FILA: “OPERAZIONE FIATO SUL COLLO”. I grillini sono stati i primi a entrare a Montecitorio posizionandosi nelle ultime file in alto dell’emiciclo. Una collocazione provvisoria: l’assegnazione dei posti avverrà dopo la costituzione dei gruppi parlamentari. “Carissime e carissimi siamo entrati in aula occupando le file in alto, né a destra né a sinistra, ma sopra, operazione fiato sul collo sempre”, scrive su Facebook la deputata 5 stelle Ciprini. Dal TG1.

Mossa fatta, dicono loro, per simboleggiare ancora di più il controllo sugli altri parlamentari.

Il loro obiettivo è quindi quello di mostrare quello che succede, aprendo le Camere col famoso apriscatole

Apriscatole alla camera - Foto da Twitter/Repubblica
Apriscatole alla camera – Foto da Twitter/Repubblica

Non è la prima volta che questo tema dell’apertura delle scatole, del controllo, viene portato dal M5S come punto fondamentale della presenza nelle giunte locali prima e nell’assemblea nazionale poi.

Loro si pongono quindi come cani da guardia e controllori del sistema della vecchia politica (i morti), mostrando tutto in streaming (fino a contrordine dall’alto, ovviamente) e pubblicando tutto sulla rete.

C’è una piccola fallacia in questo ragionamento, loro sono all’interno.

Sembra una banalità ma non la è. Logicamente non si può controllare un sistema facendo parte di esso. Un sistema si può controllare solo dall’esterno.
Questo è ovvio perché dall’interno si fa già parte del sistema, e il fattore fondamentale del controllare qualcosa è non essere parte di ciò che si controlla.

Nelle organizzazioni complesse chi fa audit è un gruppo che non dipende da nessun altro ramo dell’azienda (tipicamente risponde al CdA), o in molti casi è addirittura un’azienda esterna, magari facente parte del gruppo, ma sempre indipendente rispetto alla controllata.

Nella concezione anglosassone del giornalismo, i media sono appunti visti come cani da guardia della democrazia proprio perché, dall’esterno, controllano e “smascherano” tutti i trucchetti che i politici si possono inventare per mettere a rischio le libertà di tutti, o per nascondere delle cose al pubblico. Ed è ovvio che lo possono fare perché loro fanno parte di quel sistema, quindi gestiscono le cose come vogliono.

Stando all’interno del sistema si può sì cercare di migliorarlo ed renderlo più efficiente, di tagliare i rami secchi e di lavorare più costruttivamente. Anche opporsi, perché no, quello è il ruolo parlamentare di un’opposizione democratica, confrontarsi anche duramente per cercare di fare leggi in ogni caso buone per tutti.

Ma non si può controllare. Perché se quelli che stanno dentro il sistema si arrogano il diritto di essere controllori di loro stessi, allora chi controlla i controllori?

“Non siete democratici!”

Più guardo la TV italiana generalista, più mi accorgo che fa benissimo Grillo a dire ai suoi di non partecipare a talk show e similari.
Dico che ha ragione per un motivo molto semplice: non ci parteciperei nemmeno io.

Sicuramente ha ragione Gianluca Nicoletti, che da anni va ripetendo che la TV è un cadavere in putrefazione, alimentato solo da zombie come lui e parassiti vari.

Il leitmotiv che di recente viene urlato in quei salottini è quello che il M5S non è democratico, perché blog-guidato dal santone Grillo e dal suo socio riccioluto casaleggico.

Ieri, girando i canali, ho beccato almeno quattro trasmissioni in cui veniva detta questa cosa. Ma veniva detta da chi?

Sì perché un conto è che questa affermazione (che, sia chiaro, condivido) venga detta da un osservatore terzo delle vicende politiche, come ad esempio il sottoscritto.
Un conto è che invece l’accusa sia fatta da chi, politico o giornalista che sia, sempre di partito sono, è dentro ad uno dei famigerati poli.

Perché, fermandosi a pensare, viene spontaneo chiedere: ma perché, voi lo siete? Voi a cui va benissimo il porcellum perché appunto potete mandare qualsiasi persona decidiate voi?

Qualcuno per caso vuole davvero affermare pubblicamente che il PDL è un partito (o movimento o circolo o club, chiamatelo come volete) democratico? Davvero volete affermare che lì le cose si decidono insieme e che non è che sono tutti di proprietà di uno solo?
Ci vuole coraggio eh. Lo so che certa gente ce l’ha, ma ad un’affermazione del genere non si può rispondere in un salottino televisivo, bisogna alzarsi o andarsene. Oppure non andarci proprio, che è pure meglio.

Poi sì, c’è anche il PD. Il partito dove da una riunione democratica e trasmessa in streaming tirano fuori otto punti manco scritti in italiano (ci tornerò…).
Quella però in cui tutto sembra perfettamente democratico, tranne per una piccola presenza baffuta che da anni domina incontrastato tutto, cercando di mettere ostacoli a chiunque si ponga sulla sua strada.
Certo, guardando ai modelli della vecchia politica si dirà che anche all’interno di colossi come la DC c’erano le correnti. Con la piccola differenza che se una corrente perdeva, veniva molto ridimensionata.
Questo perde praticamente da vent’anni e aveva già una poltrona di prim’ordine bella pronta.

E l’avrebbero votato tutti democraticamente eh. Mica come gli altri che leggono un blog ed eseguono.

Non voglio un apprendista, voglio un senior

Stavo ascoltando Radio24 stamattina e l’ottimo Simone Spetia ha intervistato alcuni capolista del M5S:

Devo dire che le persone intervistate erano abbastanza preparate, in particolare quello della Lombardia, e hanno retto bene alle domande del conduttore, ovviamente un po’ piccanti e sicuramente volte ad animare un po’ quello che di solito è la classica e noiosa tribuna politica.

Una cosa però mi ha colpito particolarmente, e in negativo.

L’avevo già sentita, ma stavolta è stata detta un po’ più chiaramente oltre al solito strillo nelle piazze.
Spetia ha chiesto al candidato della Sicilia, che è capolista quindi praticamente già eletto, come si vedrà come parlamentare della Repubblica. Lui ha risposto, molto candidamente:

Prendo esempio da quanto fatto dagli eletti dell’Assemblea Regionale Siciliana, ovvero che dovremo studiare molto. Perché il lavoro da fare è tanto e anche per presentare un disegno di legge si deve studiare tanto per capire come farlo.

Ecco, in questa frase c’è tutto il problema che vedo in questo genere di movimenti “dal basso”, e non composti da chi fa politica di carriera. Intendendo con carriera non chi vive nei fumosi corridoi di partito, ma chi ha iniziato l’impegno partendo magari dal suo piccolo comune, per poi arrivare in provincia e da lì sempre più in alto fino al parlamento.

Il punto, come ho scritto nel titolo, è che io voglio in parlamento dei senior, della gente che le cose già le sa fare e che le faccia (secondo il suo credo politico, s’intende) nel migliore e più veloce modo possibile. Non voglio uno che già in partenza mi dice che deve capire come funziona, che deve studiare, che deve essere affiancato per seguire i processi o i meccanismi.

Anche perché quanto tempo ci vuole per fare tutto questo? Sei mesi? Due anni? E nel frattempo questa persona, membro effettivo del parlamento, cosa fa?

La politica non è solo questione di pelo sullo stomaco, cosa che questi candidati magari hanno anche, ma proprio di comprensione dei meccanismi.

E lo dico, per essere più chiari possibile, perché se non si ha questa conoscenza possono succedere diverse cose.
Nel migliore dei casi si perderà una marea di tempo, nel peggiore si subiranno i tranelli, gli inganni e le strumentalizzazioni di chi in quel mondo ci vive da anni, e sa benissimo cosa fare  e cosa non fare…

Ma quale meritocrazia volete?

In Italia si parla continuamente di meritocrazia.

Di come è bella quella dei paesi anglosassoni, di come funziona tutto bene quando c’è, di come dovremmo attivarla anche qui da noi, di come tutti sarebbero contenti perché le loro capacità sarebbero davvero valorizzate.

Ma siamo (o meglio siete) veramente sicuri che sia così?

Vorrei sfatare un falso mito che viene portato avanti da tempo:

in Italia la meritocrazia c’è.

Bisogna soltanto mettersi d’accordo sul metro per misurare il merito. Sì perché è facile dire che vanno avanti quelli bravi. Ma bravi a fare cosa?
In Italia vanno avanti quelli bravi, su questo non c’è dubbio, ma vanno avanti quelli bravi ad avere conoscenze, parentele, agganci. Quelli bravi a vendere, a vendersi e a comprare.

Vanno avanti gli amici di amici.

Quindi mi dispiace, ma un regime meritocratico c’è eccome. Non avete i meriti di cui sopra? Allora vuol dire che siete fuori, che non riuscite a competere, che verrete scavalcati da chi riesce meglio di voi. Meritocrazia piena insomma.

Ora ovviamente dite che questo sistema non va bene. Ma lo dite perché, secondo questo sistema, voi siete fuori.

Parliamo allora di quello che c’è nel mondo anglosassone.
Per lo meno nella maggioranza di quel mondo, perché non è che lì le conoscenze e gli amici non servano, ma almeno servono in maniera minoritaria.

Ma siete sicuri di volere quel sistema? Lo conoscete bene o ne avete solo una visione mitologica?

Un’ottima descrizione di quel sistema ce la da il blog di italiansinfuga, con l’articolo La cruda realtà della meritocrazia.

Quindi cos’è questa cruda realtà? Cos’è questa brutalità di cui parla chi conosce molto bene quel sistema?
Vediamo qualche esempio:

Meritocrazia vuol dire che il 110 e lode può aiutarti a trovare un lavoro ma dal primo giorno di lavoro in poi non conta più nulla.

Meritocrazia vuol dire che il collega/concorrente cinese, pachistano o messicano ha le tue stesse possibilità.
Se lui o lei produce meglio e più in fretta di te, hai voglia a richiedere ‘meritocrazia‘!

Meritocrazia vuol dire che il tuo capo/capa sarà più giovane e intelligente di te. A me è successo spessissimo. Siete in grado di prendere ordini da chi ‘anagraficamente’ “merita” di meno?

Meritocrazia vuol dire che il titolo universitario ‘inutile’ (non richiesto dal mercato del lavoro) non vi garantisce il lavoro anzi.

Come si dice, qui casca l’asino.

Sì perché il buon Aldo svela, molto chiaramente e direttamente, il succo della meritocrazia anglosassone.
Cioè che va avanti di più, e guadagna di più chi produce di più. Non solo, ma va avanti anche quello che ha scelto il giusto percorso di studi, rispetto alle reali necessità del proprio paese.

Dico subito che anche io sono d’accordo con questo sistema, lo ammiro molto e sono profondamente convinto che possa realmente aiutare a portare avanti una nazione.

Ma la porta avanti perché vanno avanti quelli bravi, e questo significa, inevitabilmente, che restano indietro quelli incapaci.

Dobbiamo (torno al plurale) essere consci di questo, specialmente in un paese in cui domina l’omologazione e l’invidia.

Dobbiamo essere consci che questo sistema meritocratico aumenta sì la crescita e l’efficienza, ma lo fa aumentando la qualità del lavoro non la quantità.

Perché è vero, come dice il blog che

Certo che se sei brava e ti impegni allora la meritocrazia è un paradiso!

Però è anche vero che il numero di chi resta indietro, dei precari, di chi fa un lavoro generico pur avendo una specializzazione (inutile), probabilmente aumenterà.

E questo concetto deve essere molto, molto chiaro.