Napolitano, Monti e l’Unico Anello

Il Presidente della Repubblica evidentemente non conosce il Signore degli Anelli, altrimenti avrebbe capito che presto o tardi si sarebbe arrivati qui:

Monti scelta civica

Ora la mia è ovviamente una provocazione, non penso affatto che Napolitano possa aver mai letto nulla di Tolkien. Magari ha sentito parlare o ha visto il film, e questo non ha fatto altro che complicare le cose.

Sì perché i film di Peter Jackson sono apprezzabili sotto tanti punti di vista, ma a mio parere non fanno cogliere appieno uno dei concetti più semplici, e quindi più forti, della filosofia tolkeniana.

Il potere corrompe.

E più potere si possiede, più si viene corrotti e si diventa cattivi, avidi di quel potere. Si pensa solo a mantenerlo, difenderlo ed ampliarlo, quel potere.
Per dirla in termini molto semplici, si diventa così:

Alan Lee's Gollum
Alan Lee’s Gollum

Il Gollum di Lee riprende molto bene quello di Tolkien. Non è una creatura con cui provare empatia (o addirittura simpatia), come invece lo ha fatto passare Jackson. Gollum è un essere disgustoso, disumano, che ha totalmente rinnegato la sua natura di pacifico Hobbit pescatore per diventare un mostro corrotto dal potere dell’Unico Anello.

E non è un caso che proprio un Hobbit, le creature più buone e pacifiche del mondo Tolkeniano, siano scelte per mostrare i due aspetti, le due facce del bene e del male della medaglia del potere. Frodo e Bilbo (e Sam e Merry) contrapposti a Gollum.

Come dice giustamente questo saggio su Gandalf3: non esistono Anelli buoni. E la critica di Tolkien nei confronti della politica è netta, decisa e, purtroppo, senza speranza. Non può esserci potere senza corruzione, non può esserci governante che sia immune da quella corruzione e lavori per il bene. Chi ha potere lavora solo per il potere in sé, lavora per averne sempre di più. E più ne ha più ne diventa corrotto.

Se Napolitano avesse letto Tolkien avrebbe saputo che il potere di corruzione è tanto più alto quanto alto è il potere che si ha. E tanto è alto quel potere tanto potente è la trasformazione che applica a chi lo esercita.

Se Napolitano avesse letto Tolkien non avrebbe fatto una delle cose che mi ha sorpreso di più di questi ultimi mesi: sorprendersi del fatto che Monti volesse continuare quel potere.

Sì perché l’intera ascesa del Preside degli illuminati economisti bocconiani è stata caratterizzata da una fiducia quasi cieca, amplificata da atti abbastanza sorprendenti di forzatura del sistema da parte di uno dei Presidenti della Repubblica più attivi degli ultimi decenni. Alla faccia di Kossiga e delle sue picconate. E la fiducia del governo “tecnico” (come mi fa giustamente notare una mia amica non esistono governi tecnici), è stata ricambiata da una sostanziale decisione di andare alle urne, presa proprio da Monti e da un manipolo dei suoi ministri e collaboratori, che ha sostanzialmente bloccato la seconda parte della legislatura.

Sì perché presa la decisione di presentarsi non si potevano fare più le manovre “dure”, che poi sono proprio le uniche che un governo “tecnico” è chiamato a fare. Non si poteva chiudere la legislatura con un ricordo così forte, avrebbe comportato la perdita di qualunque percentuale minima di voto che ora Monti (e Casini e Fini) si aspettano.

Insomma il quadro è abbastanza chiaro, e conferma ancora una volta la morale di Tolkien. Che forse non c’è davvero speranza di aver fiducia in chi arriva al potere.

Chiudo con una curiosità, questo articolo del foglio parlava di Monti come del “Golem creato da Napolitano e dal PD, che gli si rivolta contro”. Non avevano tanto torto, avevano solo sbagliato mitologia, e qualche lettera.

Una versione di questo articolo è stata pubblicata anche su Cronache Laiche.