Dario Franceschini, ministro dei Rapporti con il Parlamento, sul Messaggero di oggi:

Due disegni di legge. Il primo, di modifica costituzionale, per introdurre il monocameralismo e la riduzione dei parlamentari. Il secondo per introdurre una nuova legge elettorale, bipolare, maggioritaria, a doppio turno: di collegio o di coalizione si vedrà.

Immagino questo dilemma di alto livello come interessi il 30% di Italiani che lotta per non finire in povertà.

Ha ragione Alessandro Milan, già mi vedo stamattina i bar pieni di gente che prende il cappuccino e si accapiglia sul monocameralismo a doppio turno di coalizione.

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Guardiamo le scuole, e chi le amministra…

Alla vigilia delle elezioni è girata sui vari social network la solita frasetta ad effetto, benpensante e radical chic, che ti raccoglie centinaia di mi piace e di condivisioni, questa:

Domenica e lunedì si vota nelle scuole pubbliche. Guardatevi intorno, guardate i soffitti, i bagni, le porte, l’intonaco. Guardate dove noi tutto il giorno viviamo e cerchiamo nei nostri limiti umani di costruire, formare e conservare una memoria. Guardate, e pensate che i vostri figli passano più tempo della loro vita dentro quelle aule che in casa vostra. E pensate che lì si forma un cittadino, la sua libertà e la sua vita.
Poi votate…
(Claudia Pepe, insegnante)

La frase in effetti è rimbalzata molto velocemente, riempiendosi di commenti come “ha ragione“, “è uno schifo”, “viva la scuola pubblica”, e altre tipiche banalità da Facebook e compari.

Quello che ho pensato di aggiungere è proprio che dobbiamo guardare le scuole sì, ma guardiamo anche chi le frequenta, chi ci lavora e soprattutto chi le amministra.

Sì perché ci sono entrato in una scuola per votare ieri, ma non ho visto solo quella, ne ho viste alcune accompagnando altre persone a votare. E ne ho viste ancora altre negli scorsi mesi frequentatole per diversi motivi.

E quello che ho visto è che le scuole non sono tutte uguali. Ce ne sono alcune che cascano letteralmente a pezzi, ma ce ne sono altre che hanno strutture ben manutenute, pulite e anche con laboratori informatici degni di questo nome.

Quindi evitiamo i soliti perbenismi che fanno tanto effetto, e cominciamo a ragionare su chi queste scuole le dirige e le gestisce.
Perché evidentemente non sono tutti uguali, non sono tutti bravi…

E mentre riflettevo su questa cosa, neanche a farlo apposta, ho visto questo bel servizio di Nadia Toffa delle Iene, proprio su come vengono gestite le scuole PUBBLICHE (e lo ripeto, perché sono quelle che tutti noi paghiamo con le tante tasse che ci chiede lo Stato). Non si può embeddare nel blog, ma vedetelo.

Parla del famigerato contributo volontario, richiesto in modo illegale e con pratiche allucinanti da presidi e dirigenti vari che palesemente non sanno fare il loro lavoro.
Del problema ne hanno parlato molti, da skuola.net (che ha ispirato il servizio delle Iene), fino alle associazioni di genitori, che spiegano molto chiaramente qual è la situazione.

Quello che mi ha colpito è l’arroganza di quei dirigenti, che non riescono a gestire la situazione e quindi attuano pratiche al limite del ricatto per avere due lire in più.
Che trattano male chi chiede chiarimenti “ma le pare che un dirigente commenti una circolare…” (sì, mi pare proprio visto che lo stipendio di quel dirigente lo paga proprio chi chiede chiarimenti).

Ma soprattutto che non sanno gestire i fondi che hanno in mano.
Lo so benissimo che la situazione è difficile, ma lo è per tutti. E in situazioni difficili vanno prese scelte adeguate e soprattutto vanno messe a dirigere persone competenti.

Non chi ricatta la gente che paga già le tasse per avere la scuola pubblica, non chi è arrivato lì senza quei meriti adeguati o senza la capacità dimostrata di gestire un budget complesso.

Non chi sta lì senza le palle per dire che se non ci sono soldi si chiude. E magari si accorpa e si ottimizza, come si fa in tutte le aziende che sono al limite del fallimento.

Hanno voluto i presidi manager? E allora facessero i manager! Ma scelti, giudicati e se necessario cacciati come i manager però.
Ma non chiedessero soldi, soprattutto con pratiche illegali, a chi di soldi ne tira già fuori troppi per avere servizi che cambiano a seconda di chi comanda, o peggio ancora a seconda dove si vive.

Perché le tasse le paghiamo tutti uguali, in tutte i quartieri di una città, come tutti uguali (purtroppo) sono gli stipendi di quei dirigenti.

Non voglio un apprendista, voglio un senior

Stavo ascoltando Radio24 stamattina e l’ottimo Simone Spetia ha intervistato alcuni capolista del M5S:

Devo dire che le persone intervistate erano abbastanza preparate, in particolare quello della Lombardia, e hanno retto bene alle domande del conduttore, ovviamente un po’ piccanti e sicuramente volte ad animare un po’ quello che di solito è la classica e noiosa tribuna politica.

Una cosa però mi ha colpito particolarmente, e in negativo.

L’avevo già sentita, ma stavolta è stata detta un po’ più chiaramente oltre al solito strillo nelle piazze.
Spetia ha chiesto al candidato della Sicilia, che è capolista quindi praticamente già eletto, come si vedrà come parlamentare della Repubblica. Lui ha risposto, molto candidamente:

Prendo esempio da quanto fatto dagli eletti dell’Assemblea Regionale Siciliana, ovvero che dovremo studiare molto. Perché il lavoro da fare è tanto e anche per presentare un disegno di legge si deve studiare tanto per capire come farlo.

Ecco, in questa frase c’è tutto il problema che vedo in questo genere di movimenti “dal basso”, e non composti da chi fa politica di carriera. Intendendo con carriera non chi vive nei fumosi corridoi di partito, ma chi ha iniziato l’impegno partendo magari dal suo piccolo comune, per poi arrivare in provincia e da lì sempre più in alto fino al parlamento.

Il punto, come ho scritto nel titolo, è che io voglio in parlamento dei senior, della gente che le cose già le sa fare e che le faccia (secondo il suo credo politico, s’intende) nel migliore e più veloce modo possibile. Non voglio uno che già in partenza mi dice che deve capire come funziona, che deve studiare, che deve essere affiancato per seguire i processi o i meccanismi.

Anche perché quanto tempo ci vuole per fare tutto questo? Sei mesi? Due anni? E nel frattempo questa persona, membro effettivo del parlamento, cosa fa?

La politica non è solo questione di pelo sullo stomaco, cosa che questi candidati magari hanno anche, ma proprio di comprensione dei meccanismi.

E lo dico, per essere più chiari possibile, perché se non si ha questa conoscenza possono succedere diverse cose.
Nel migliore dei casi si perderà una marea di tempo, nel peggiore si subiranno i tranelli, gli inganni e le strumentalizzazioni di chi in quel mondo ci vive da anni, e sa benissimo cosa fare  e cosa non fare…

Amitrano il viaggio se lo pagava da solo

Devo dire che questa storia non mi piace per nulla.

Quale storia? Quella degli studenti Erasmus, e di tutti quelli non iscritti all’AIRE, cioè temporaneamente all’estero ma con residenza ancora in Italia.
Ecco, per loro negli ultimi tempi c’è stata una grande mobilitazione, fatta in emergenza come nel più classico stile italico, per permettergli di tornare a votare.

Alla fine il Corriere titola così:

screenshot.1

E, per chi non l’avesse capito, riduzioni vuol dire che paghiamo noi per loro.

A me questa storia da molto fastidio, sì perché è stata molto ben strumentalizzata sia dal governo (leggi: il candidato Monti) sia dal PD (leggi: paura dell’astensionismo di chi avrebbe forse votato per loro).

Da fastidio perché tutti cianciano di diritto al voto, scordandosi però che per ogni diritto, in una democrazia, corrisponde un dovere.

Art. 48.

Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.

Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.

Si sa, i doveri sono più facili se c’è qualcuno che paga per noi.

Me ricordate una cosa, Amitrano il viaggio per votare se lo pagava da solo.

"Rifatti la foto che sei peggiorato"...
“Rifatti la foto che sei peggiorato”…

Ma lui evidentemente aveva un’altra dignità…