Antonio Gentile è coinvolto in una delle storie più incredibili e allo stesso tempo affascinanti di questi ultimi giorni.
Il figlio, come tanti figli di papà di potenti locali o nazionali, è coinvolto in una storia abbastanza sgradevole. Lui, come tanti papà potenti locali o nazionali si preoccupa di non lasciar fuoriuscire questa storia.
Fin qui nulla di che, se non il sapore un po’ antico del buon nome della famiglia, soprattutto al sud.
Infatti lo “scandalo” non sarebbe stato a livello nazionale, ma ricondotto in una cerchia molto locale. Il giornale coinvolto, quello che aveva in canna lo scoop sul figlio del noto senatore locale, era infatti l’Ora della Calabria. Quotidiano che penso nessuno abbia mai sentito, se non quelli che frequentano quelle zone.
La storia comincia a diventare affascinante quanto si inizia a muovere la macchina del potere per fermare la diffusione della notizia. Come al solito queste cose non avvengono mai direttamente, ma sempre per vie trasversali, tramite amici di amici, che conoscono amici che casualmente conoscono l’editore dell’Ora.
Ma Luciano Regolo, il direttore dell’Ora, è un bravo giornalista che sa fare il suo mestiere (cit.), e quindi resiste alle pressioni dicendo che no, l’articolo uscirà perché la notizia c’è.
Ed ecco il momento in cui la storia vira dal fascino all’incredibilità.
L’editore chiama lo stampatore del quotidiano e fa bloccare le rotative!
Come se fossimo ancora ai primi del novecento, quando l’unica fonte di notizie e collegamento tra le persone era la stampa fisica di un po’ di inchiostro su un pezzo di carta, questi pensavano che facendo così, simulando il solito guasto, nulla sarebbe uscito dalle stanze fumose della redazione.
Il giornale non è uscito, vero, ma trenta secondi dopo il direttore ha acceso il suo pc e ha scritto sul sito tutta la storia. Che è stata rimbalzata, ripresa, derisa e commentata su tutti gli altri organi di informazione, social network, televisioni e radio
Trasformando quindi quella che poteva rimanere come una semplice storia locale in un caso nazionale sulla libertà di stampa.
E sui ridicoli metodi per cercare di fermarla, aggiungerei io.
Tutto questo succedeva circa il 20 febbraio. Una settimana dopo Gentile viene nominato sottosegretario ai trasporti nel “nuovo” governo Renzi.
Ovviamente succede un casino, il PD e i giornalisti insorgono, il Fatto Quotidiano ci sguazza, e alla fine Gentile si dimette.
Politicamente, alla fine di questa assurda storia italica, chi ne esce vincitore è però Alfano, non Renzi.
È Alfano infatti che sacrifica un suo sottosegretario che, di fatto, non risulta indagato né aver fatto nulla di illegale. È Alfano che oggi può dire con orgoglio “prima viene l’Italia”.
Ma Renzi, che sta sempre a twittare che legge i dossier di prima mattina, Renzi che ha fatto una campagna sul punto di governo giovane. Renzi che sicuramente si sarà messo d’accordo con Alfano per avere una lista di nomi da assegnare a NCD, che comunque ne ha diritto a dei componenti perché appoggia il governo.
Renzi che quei nomi li avrà letti e avrà anche discusso per scremarli un po’. Renzi che poteva anche mettere un veto su questo nome, avendo un minimo di lungimiranza politica per capire cosa sarebbe successo.
Non ci voleva molto a sapere chi era Gentile e che cosa era successo proprio qualche giorno prima.
Bastava Google.