Il mio nome è Ayrton…

.. e faccio il pilota.

Ayrton Senna
Foto Wikipedia.

Non sono mai stato un grande appassionato di Formula 1. Sì ho visto diversi gran premi, mi piaceva soprattutto la parte strategica di rifornimenti, cambi gomme e tecnologie.

Mi piaceva Senna. Principalmente perché aveva una faccia simpatica. Ed era brasiliano, come i giocatori più forti della Roma.

E corro veloce per la mia strada.

Quella domenica di vent’anni fa, dopo pranzo e l’inizio della gara mi ero già stancato di guardare il gran premio.

Anche perché, e purtroppo molti pochi se lo ricordano, a Imola il weekend era iniziato malissimo.

Era iniziato con un incidente terribile a Rubens Barrichello (altro brasiliano che mi stava simpatico), e la morte di Roland Ratzemberger. Non nego di subire il fascino degli incidenti, non in modo esasperato come le gare Indy americane, però la morte no.

Anche perché non capivo come mai , dopo quei due incidenti, si continuasse a correre. Era evidente che qualcosa non andava.

Invece la gara la domenica partì come sempre.

E ho capito che era tutto finto, ho capito che un vincitore vale quanto un vinto.

Non vidi nemmeno la partenza, uscii in una bella domenica di maggio e feci quello che facevo quasi sempre in quegli anni, quando avevo del tempo libero: andavo in sala giochi.

Ce n’era una enorme a piazza Vittorio, si chiamava Stargames ed era ospitata al piano terra, in quei locali della fine di due secoli fa, larghi, ampi. Così grandi da trapassare da parte a parte il palazzo che avevano sopra.

Era talmente grande che, oltre alla sala principale piena di cabinati, anche enormi come Sega Rally a quattro posti, aveva un’altra sala dietro dove era possibile giocare al laser game a squadre. Quello dove si avevano dei fucili a raggi laser e un pettorale riflettente che vibrava quando ti colpivano gli avversari.

Dovevo fare qualcosa, dovevo cambiare qualche cosa.

Feci qualche partita a qualcosa, non ricordo bene. Di sicuro ad un cabinato della Formula 1, quello con la finta monoposto e il megaschermo.
Non sono mai stato bravo in quei giochi, esco di strada e vado a sbattere quasi subito. Sbaglio tutte le traiettorie.

E ho deciso in una notte di maggio, in una terra di sognatori.

Tornato a casa i miei mi dissero che era successo, da lì poi una maratona televisiva fino a tarda serata. Poco prima di cena. Quando arrivò la notizia definitiva.

Anche se forse non è servito a niente tanto il circo cambierà città

Un fine settimana di motorsport, chiuso con due morti e un ferito grave.

Oggi al posto di quella sala giochi c’è una parrocchia della Chiesa Cattolica Cinese (quella controllata dal partito), così come in tanti altri posti all’Esquilino.

Oggi non guardo più per nulla la Formula 1.

Nemmeno per sbaglio e nemmeno per vedere l’arrivo. Nulla.

Però quella domenica, quel weekend me lo ricordo ancora.

Mi hai detto “Chiudi gli occhi e riposa”.
E io ho chiuso gli occhi.

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