Stavo ascoltando il podcast di questa puntata di Melog di Gianluca Nicoletti, che parlava del recente gesto scellerato (come è stato definito da Oggiscienza) di “liberazione” di alcune cavie utilizzate in un laboratorio di ricerca dell’Istituto di Neuroscienze del CNR.
La sintesi dell’evento è la stessa descrizione della puntata di Melog:
Un bliz animalista a Milano distrugge anni di ricerca su malattie neurologiche. Tutto per salvare cento topi e un coniglio. La denuncia dei ricercatori di Neuroscienze del Cnr. Vanificato il loro lavoro su Autismo, Parkinson, Alzheimer, Sclerosi Multipla e malattie del sistema nervoso.
La puntata è come al solito molto interessante e molto ben condotta da Nicoletti, che mette a confronto uno dei leader degli attivisti con una responsabile del laboratorio, il filosofo della scienza Stefano Moriggi e altre personalità del mondo accademico, più la solita dose di ascoltatori pro o contro.
Ecco, uno dei pregi di Melog è proprio quello di mettere a confronto, sempre in modo civile, pacato e leggero, anche opinioni e persone fortemente in contrasto. E così è stato nella puntata, che invito tutti ad ascoltare, e già che ci siete abbonatevi anche al podcast di Melog. Ne vale la pena.
È stato così il dialogo finché ovviamente è stato possibile discutere in questo modo. Perché poi, come giustamente ricordato da uno degli ospiti, non si può dialogare con chi ha ancora una visione settecentesca della ricerca scientifica.
Come già detto vi consiglio caldamente di ascoltare la puntata, sia perché è grande fonte di comprensione di certe dinamiche e di certi termini, sia perché di dialoghi così in Italia ce ne sono, purtroppo, molto pochi. E questa è sicuramente una delle cause del radicalismo da tifo calcistico che permea gran parte della società.
Ma veniamo al commento sul gesto, che io definirei molto più duramente che scellerato, sia per la violenza che queste persone hanno esercitato (fattore che spesso viene portato in secondo piano, ma che per me resta fondamentale), sia per le conseguenze che ideologie di questo genere possono portare alla nostra comunità.
Ci sarebbero tante risposte facili da dare a queste persone.
Parte sono state date anche in trasmissione: parlate senza avere i titoli per farlo, e se un vostro parente fosse colpito dall’Alzheimer, quegli animali non possono vivere fuori dalla cattività, parlare di vivisezione è obsoleto da anni, e così via…
Non voglio però dare un commento facile, perché la via più facile è quella presa da queste persone: usare la violenza, l’ignoranza e il becero sfruttamento emotivo causato da un’ancora maggiore ignoranza e antiscientificità della popolazione italiana.
La cosa che voglio dire è questa. Perché invece di sprecare tante forze, tanti fondi e tanto tempo per queste azioni non le convogliate nella ricerca.
È stato detto anche in trasmissione, sebbene le ricerche in vitro non diano ancora effetti utili come quelle sugli animali, negli ultimi decenni si sono fatti passi avanti notevoli, e si sta lavorando sempre più per fare tutto in laboratorio, senza usare cavie.
Anche perché, ma se avessero studiato lo saprebbero, usare animali non è conveniente. Perché costa molto, e perché ci vuole molto tempo per avere risultati.
Anche perché, ma se avessero studiato lo saprebbero, ci sono protocolli e leggi precise su come trattare le cavie, in modo civile e senza inutili sofferenze.
Anche perché, ma se avessero studiato lo saprebbero, parlare di vivisezione significa parlare di cose vecchie di secoli, e quindi è solo un termine per stimolare vigliaccamente reazioni emotive su persone con scarsa cultura. Essere anti-vivisezione oggi è come essere anti-omicidio, non vuol dire nulla.
Ma se avessero studiato farebbero i ricercatori, e magari lavorerebbero come gli scienziati del CNR per trovare un modo alternativo.
Ma studiare, soprattutto in Italia, è la strada più difficile. Quella che prendono solo pochi sfigati che passano anni sui libri per poi guadagnare due lire, solo per tentare di aiutare tutti noi.
Molto meglio spaccare tutto un laboratorio, analizzare metodi di ricerca e protocolli avendo giusto un diploma, e parlare di cose senza alcuna cognizione di causa.
Ma questo in Italia è lo sport nazionale.
E quindi viva i paladini dell’antiscienza. Quelli che seguono sempre la strada più facile.
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