Dentro le torri d’avorio

Riprendo l’argomento produttività (e leadership) che avevo iniziato qualche mese fa, parlando di uno dei problemi più importanti delle aziende complesse: la sindrome della torre d’avorio.

Con il crescere delle aziende, sia in quantità di dipendenti che di complessità dell’organizzazione, aumenta il rischio di formazione di silos (o regni, se le dimensioni lo consentono) molto verticali all’interno dell’azienda stessa.

E i responsabili a capo di quei silos si chiudano, insieme ai loro collaboratori, all’interno di alte torri d’avorio. Ignorando il contesto e arrivando all’ostilità in caso di forzata interazione con altri pari livello.

Questo succede molto spesso con il top management, ma in strutture particolarmente complesse succede anche con il middle management e con i reparti aziendali più orientati agli aspetti tecnici e tecnologici. Ed è, comprensibilmente, molto rischioso per l’azienda. Rischioso a tal punto da intaccare l’operatività, quindi il fatturato, quindi la stessa esistenza dell’organizzazione.

Il fenomeno è stato ed è ancora studiato da diversi analisti delle organizzazioni aziendali, e prende il nome appunto di sindrome della torre d’avorio. Questa sindrome può colpire le organizzazioni in due diverse modalità, verticalmente e orizzontalmente.

Isolamento verticale

L’isolamento verticale è quello tipico di chi occupa posizioni apicali.
I top manager hanno la tendenza a lavorare e dialogare con loro pari grado all’interno dell’organizzazione. Questo è perfettamente fisiologico visto che il loro è un ruolo chiave all’interno dell’azienda, e loro responsabilità è quella di definire visioni, strategie e linee operative. Tuttavia, con il passare del tempo, questa chiusura può rivelarsi dannosa, perché tende a focalizzarsi troppo sul dialogo con leader e manager piuttosto che sull’osservazione di dove realmente viene svolta la mission dell’azienda, cioè nel lavoro di tutti i giorni dei dipendenti sia internamente che esternamente nei rapporti con i clienti. E i clienti sono quelli che creano il fatturato dell’azienda.

In questo caso le decisioni prese dal top management perdono inevitabilmente di qualità e significato. Proprio perché non si tiene conto dei problemi “di basso livello” dell’azienda, che però sono quelli che hanno più impatto sull’operatività reale e sui rapporti con la clientela, non è possibile definire una strategia valida per l’organizzazione.

Questo tema è affronato molto puntualmente dal consulente su lavoro e leadership Rober Bacal sull’ottimo LeaderToday  e da un altro blog di due consulenti in incognito, purtroppo non più aggiornato ma sempre valido, Sith Sigma.

Isolamento orizzontale

L’isolamento orizzontale avviene quando un gruppo di tecnici, molto esperti su un particolare settore, si chiude nella propria torre con tutta la conoscenza posseduta. Questo crea molti problemi nella condivisione delle informazioni all’interno dell’organizzazione, rallentando i processi produttivi, rendendo più onerosi i progetti, creando dei gruppi di persone “privilegiate” e in ogni caso creando danno all’operatività dell’azienda.

L’esperto di knowledge management Keith De La Rue ha molto efficacemente rappresentato questa situazione in chiave favolistica, nel saggio The Ivory Tower – a Knowledge Management Fable (PDF). Il saggio è stato riportato anche riportato in una presentazione molto efficace qui su SlideShare.

In questo scenario chi possiede la conoscenza sono i tecnici, rappresentati come maghi. Loro sono chiusi nella loro torre d’avorio, dalla quale su richiesta del re (cioè il management) danno indicazioni al resto dell’azienda (rappresentata come i contadini) su come operare in certe condizioni o su come fare certe cose.

Solo che lo fanno con un linguaggio particolare, chiamato techknowspeak, incomprensibile a chiunque tranne che ai maghi stessi, e lo fanno senza mai uscire dalla torre e senza incontrare mai nessuno.

Succede quindi che i maghi e i contadini non si incontrano mai fisicamente, non riescono a comprendersi perché i maghi parlano un linguaggio incomprensibile, e le coltivazioni (cioè l’attività aziendale) vanno male perché nessuno sa esattamente come usare la conoscenza.

Questo scenario è forse ancora più pericoloso del precedente, perché nel caso di isolamento verticale il rischio è che l’azienda vada in una direzione non coerente con la propria attività, ma comunque può essere risolto con un’osservazione diretta. Nel caso di isolamento orizzontale il mancato flusso di conoscenza all’interno dell’azienda può far naufragare progetti anche molto importanti, creando un immediato pericolo per l’esistenza dell’azienda stessa.

Ma come si esce dalla torre, e magari la si butta giù una volta per tutte?

La strategia di uscita è di quelle che sembrano molto facili a dirsi, ma che sono in realtà molto faticose ad attuarsi.

I punti chiave per pianificare un’uscita dalla torre sono due: interazione e comunicazione.

Sia Bacal che Sith Sigma indicano come via d’uscita che il top management osservi il resto della propria azienda lavorare. Parlino (o meglio ascoltino, ma davvero, non per scena) con i dipendenti delle strutture operative, capiscano quali sono i problemi reali che l’organizzazione affronta tutti i giorni. In questo modo potranno

Ma dovranno farlo senza filtri, senza note o rapporti di mezza pagina scritti da altri.
Perché dice molto correttamente Sith Sigma:

Information filtering is a constant threat to top management, and sometimes the only way to really know what’s going on, is to get your hands dirty.

Per quanto riguarda i maghi, qui la questione si fa un po’ più complessa, la chiave qui è migliorare la comunicazione, condividere il sapere.

Curiosamente De La Rue manda in scena una quarta figura all’interno dell’allegoria, i knowms. Questa figura, simbolicamente identificata all’interno dei trovatori di corte, sono coloro che dovranno fare da tramite tra i maghi e i contadini. Diventare quindi un ponte della conoscenza tra chi la possiede e chi ha necessità di usarla, per mostrare a tutti che il vero potere è nel condividere la conoscenza, non nel rinchiuderla in una torre.

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