Cosa mi fa più incazzare di questa storia

Matteo Orfini, l’unico PD che almeno dice qualcosa (acquisendo notevole visibilità) in questo psicodramma, ha riassunto sul suo blog la situazione del partito che ha portato alla ri-elezione di Napolitano, dopo essersi disfatti su Prodi e aver scartato a priori Rodotà.

Sapete qual è la cosa che mi fa più incazzare di questo comunque sincero post di Orfini? Gli attacchi al M5S e a Rodotà.

Il secondo è reo di non essersi distaccato da chi lo voleva eleggere. Rodotà che tra l’altro nessuno del PD ha mai contattato prima e durante gli accordi, Rodotà che ha parlato dicendosi, giustamente, uomo di sinistra e non facendo capire a nessuno perché il PD non lo votava. Mentre il suddetto PD stava ben zitto.

Orfini (ma queste cose pari pari le avevo già sentite dire in TV, segno che è una linea attuale del PD) riprende la risposta di Scalfari data all’ex Garante Privacy:

Come puoi, caro Stefano, esser diventato il simbolo d’un movimento che impedisce ai suoi parlamentari di parlare con i giornalisti e rispondere alle domande? Anzi: che considera tutti i giornalisti come servi di loschi padroni? In politica, come in tutte le cose della vita, ci vuole il cuore, la fantasia, il coraggio, ma anche il cervello e la ragione

Ma questo può anche essere comprensibile nel casino di un partito “guidato” da chi ha perso la bussola il 25 febbraio.

Quello che giudico incomprensibile e che davvero mi fa incazzare è continuare ad attaccare il M5S, che è e resta fermo e coerente nelle sue posizioni, anche dopo quella scenetta vergognosa del confronto in streaming. Anche dopo essersi palesemente tentati di accordarvi, nella folle ricerca di Bersani di un modo per avere la fiducia.

No, perché dice Orfini

Grillo -e spesso anche i suoi parlamentari- in questi giorni e in questi mesi ha ripetutamente contestato, aggredito, offeso quella Costituzione. Lo fa quando auspica la scomparsa dei partiti (art.49), quando rifiuta il confronto, insulta e allontana i giornalisti (art.21), quando contesta il principio della democrazia rappresentativa e su mille altre questioni.

Ecco.

Non mi fa incazzare tanto la continua, e qui Orfini non da tanti segni di rinnovamento, ricerca da parte dei dirigenti PD di qualcuno cui dare la colpa della propria inettitudine, quanto il fatto di disegnare Grillo (e i suoi elettori di riflesso) come un mostro, un attentatore della Democrazia e della Costituzione, un autoritario despota che guida un manipolo di incompetenti parlando solo come un demagogo alla pancia del paese.

E quindi cosa fa il magnifico PD per evitare, dopo averlo cercato per un governo però eh, tutto questo?

Vota insieme a Berlusconi.

Uno che davvero apprezza, rispetta e rinforza la Democrazia, la Costituzione, senza mai usare demagogia e circondandosi di menti eccellentissime.

Una linea politica perfetta.

Chi è causa del suo mal…

L’altro giorno vedevo in tv una replica delle Interviste Barbariche di Daria Bignardi. La puntata era di qualche mese fa e aveva come ospite Luna Berlusconi.

lunaberlusconi

La figlia di Paolo, e nipote di Silvio veniva qualificata come Consigliere d’Amministrazione “Il Giornale”, questo fatto è importante, ci torno tra poco.

Dopo le solite domante cazzeggianti , tra gossip, un po’ di attualità, un po’ di scene di vita familiare e ripetuti tentativi di far uscire dalle mura della famiglia Berlusconi commenti su bunga bunga, olgettine e quant’altro (tentativi piuttosto ingenui tra l’altro, ti pare che non difende la famigghia…), la Bignardi fa una domanda abbastanza interessante visto il personaggio.

La domanda è più o meno “cosa si prova a portare il nome di Berlusconi”.
È interessante perché un commento su questo è il vero valore aggiunto che può dare un membro di secondo piano di una famiglia il cui capo ha condizionato l’Italia negli ultimi anni.

La risposta di Luna è stata abbastanza prevedibile, “dico solo dopo chi sono perché c’è un pregiudizio”.

Prevedibile perché la reazione della gente è abbastanza scontata, sia in positivo che in negativo ma in ogni caso molto finta. Luna tuttavia, dopo vari giri su processi e altro, chiude l’intervista con un episodio che rinforza la situazione, sentiamolo:

Ecco l’episodio, oltre ad essere indice di una palese idiozia di chi ha scritto quelle cose, è comunque un segno fondamentale di come è la situazione politica in Italia: una rissa continua tra tifoserie opposte.

Tu puoi essere anche una bravissima persona, ma se scopro che sei d’aa lazzie te gonfio de botte!

Ma la colpa di questo di chi è? Ma di Berlusconi zio ovviamente. Lui ci ha fatto carriera estremizzando le cose in Italia negli ultimi vent’anni, ed è stato sponda per chi dall’altra parte non aspettava altro (anzi l’ha aiutato) per estremizzare a sua volta la propria gente.

Qui viene fuori però il ruolo della signora Luna: lei è nel CdA del Giornale.
Sapendo questa cosa e avendo ascoltato l’episodio, la Bignardi le chiede subito dopo una cosa molto, molto sensata:

“Lei è nel consiglio d’amministrazione del Giornale, ha potere perché si smorzino i toni da tutte le parti. Lo fa? Ci prova?”

E cosa risponde la consigliera, ovviamente guardando subito al focus di tutta la famiglia, ovvero il profitto:

“Cosa devo fare? Devo far vendere meno copie al Giornale?”

Ecco. Allora, cara signora Luna Berlusconi, venda molte copie ma quando le arriva il deficiente di turno, pianga almeno un po’ se stessa.

Dentro le torri d’avorio

Riprendo l’argomento produttività (e leadership) che avevo iniziato qualche mese fa, parlando di uno dei problemi più importanti delle aziende complesse: la sindrome della torre d’avorio.

Con il crescere delle aziende, sia in quantità di dipendenti che di complessità dell’organizzazione, aumenta il rischio di formazione di silos (o regni, se le dimensioni lo consentono) molto verticali all’interno dell’azienda stessa.

E i responsabili a capo di quei silos si chiudano, insieme ai loro collaboratori, all’interno di alte torri d’avorio. Ignorando il contesto e arrivando all’ostilità in caso di forzata interazione con altri pari livello.

Questo succede molto spesso con il top management, ma in strutture particolarmente complesse succede anche con il middle management e con i reparti aziendali più orientati agli aspetti tecnici e tecnologici. Ed è, comprensibilmente, molto rischioso per l’azienda. Rischioso a tal punto da intaccare l’operatività, quindi il fatturato, quindi la stessa esistenza dell’organizzazione.

Il fenomeno è stato ed è ancora studiato da diversi analisti delle organizzazioni aziendali, e prende il nome appunto di sindrome della torre d’avorio. Questa sindrome può colpire le organizzazioni in due diverse modalità, verticalmente e orizzontalmente.

Isolamento verticale

L’isolamento verticale è quello tipico di chi occupa posizioni apicali.
I top manager hanno la tendenza a lavorare e dialogare con loro pari grado all’interno dell’organizzazione. Questo è perfettamente fisiologico visto che il loro è un ruolo chiave all’interno dell’azienda, e loro responsabilità è quella di definire visioni, strategie e linee operative. Tuttavia, con il passare del tempo, questa chiusura può rivelarsi dannosa, perché tende a focalizzarsi troppo sul dialogo con leader e manager piuttosto che sull’osservazione di dove realmente viene svolta la mission dell’azienda, cioè nel lavoro di tutti i giorni dei dipendenti sia internamente che esternamente nei rapporti con i clienti. E i clienti sono quelli che creano il fatturato dell’azienda.

In questo caso le decisioni prese dal top management perdono inevitabilmente di qualità e significato. Proprio perché non si tiene conto dei problemi “di basso livello” dell’azienda, che però sono quelli che hanno più impatto sull’operatività reale e sui rapporti con la clientela, non è possibile definire una strategia valida per l’organizzazione.

Questo tema è affronato molto puntualmente dal consulente su lavoro e leadership Rober Bacal sull’ottimo LeaderToday  e da un altro blog di due consulenti in incognito, purtroppo non più aggiornato ma sempre valido, Sith Sigma.

Isolamento orizzontale

L’isolamento orizzontale avviene quando un gruppo di tecnici, molto esperti su un particolare settore, si chiude nella propria torre con tutta la conoscenza posseduta. Questo crea molti problemi nella condivisione delle informazioni all’interno dell’organizzazione, rallentando i processi produttivi, rendendo più onerosi i progetti, creando dei gruppi di persone “privilegiate” e in ogni caso creando danno all’operatività dell’azienda.

L’esperto di knowledge management Keith De La Rue ha molto efficacemente rappresentato questa situazione in chiave favolistica, nel saggio The Ivory Tower – a Knowledge Management Fable (PDF). Il saggio è stato riportato anche riportato in una presentazione molto efficace qui su SlideShare.

In questo scenario chi possiede la conoscenza sono i tecnici, rappresentati come maghi. Loro sono chiusi nella loro torre d’avorio, dalla quale su richiesta del re (cioè il management) danno indicazioni al resto dell’azienda (rappresentata come i contadini) su come operare in certe condizioni o su come fare certe cose.

Solo che lo fanno con un linguaggio particolare, chiamato techknowspeak, incomprensibile a chiunque tranne che ai maghi stessi, e lo fanno senza mai uscire dalla torre e senza incontrare mai nessuno.

Succede quindi che i maghi e i contadini non si incontrano mai fisicamente, non riescono a comprendersi perché i maghi parlano un linguaggio incomprensibile, e le coltivazioni (cioè l’attività aziendale) vanno male perché nessuno sa esattamente come usare la conoscenza.

Questo scenario è forse ancora più pericoloso del precedente, perché nel caso di isolamento verticale il rischio è che l’azienda vada in una direzione non coerente con la propria attività, ma comunque può essere risolto con un’osservazione diretta. Nel caso di isolamento orizzontale il mancato flusso di conoscenza all’interno dell’azienda può far naufragare progetti anche molto importanti, creando un immediato pericolo per l’esistenza dell’azienda stessa.

Ma come si esce dalla torre, e magari la si butta giù una volta per tutte?

La strategia di uscita è di quelle che sembrano molto facili a dirsi, ma che sono in realtà molto faticose ad attuarsi.

I punti chiave per pianificare un’uscita dalla torre sono due: interazione e comunicazione.

Sia Bacal che Sith Sigma indicano come via d’uscita che il top management osservi il resto della propria azienda lavorare. Parlino (o meglio ascoltino, ma davvero, non per scena) con i dipendenti delle strutture operative, capiscano quali sono i problemi reali che l’organizzazione affronta tutti i giorni. In questo modo potranno

Ma dovranno farlo senza filtri, senza note o rapporti di mezza pagina scritti da altri.
Perché dice molto correttamente Sith Sigma:

Information filtering is a constant threat to top management, and sometimes the only way to really know what’s going on, is to get your hands dirty.

Per quanto riguarda i maghi, qui la questione si fa un po’ più complessa, la chiave qui è migliorare la comunicazione, condividere il sapere.

Curiosamente De La Rue manda in scena una quarta figura all’interno dell’allegoria, i knowms. Questa figura, simbolicamente identificata all’interno dei trovatori di corte, sono coloro che dovranno fare da tramite tra i maghi e i contadini. Diventare quindi un ponte della conoscenza tra chi la possiede e chi ha necessità di usarla, per mostrare a tutti che il vero potere è nel condividere la conoscenza, non nel rinchiuderla in una torre.

I cani da guardia e l’apriscatole

Una delle mosse più interessanti dell’insediamento della legislatura è stata la scelta dei grillini di sedersi in alto nell’emiciclo.

M5S IN ULTIMA FILA: “OPERAZIONE FIATO SUL COLLO”. I grillini sono stati i primi a entrare a Montecitorio posizionandosi nelle ultime file in alto dell’emiciclo. Una collocazione provvisoria: l’assegnazione dei posti avverrà dopo la costituzione dei gruppi parlamentari. “Carissime e carissimi siamo entrati in aula occupando le file in alto, né a destra né a sinistra, ma sopra, operazione fiato sul collo sempre”, scrive su Facebook la deputata 5 stelle Ciprini. Dal TG1.

Mossa fatta, dicono loro, per simboleggiare ancora di più il controllo sugli altri parlamentari.

Il loro obiettivo è quindi quello di mostrare quello che succede, aprendo le Camere col famoso apriscatole

Apriscatole alla camera - Foto da Twitter/Repubblica
Apriscatole alla camera – Foto da Twitter/Repubblica

Non è la prima volta che questo tema dell’apertura delle scatole, del controllo, viene portato dal M5S come punto fondamentale della presenza nelle giunte locali prima e nell’assemblea nazionale poi.

Loro si pongono quindi come cani da guardia e controllori del sistema della vecchia politica (i morti), mostrando tutto in streaming (fino a contrordine dall’alto, ovviamente) e pubblicando tutto sulla rete.

C’è una piccola fallacia in questo ragionamento, loro sono all’interno.

Sembra una banalità ma non la è. Logicamente non si può controllare un sistema facendo parte di esso. Un sistema si può controllare solo dall’esterno.
Questo è ovvio perché dall’interno si fa già parte del sistema, e il fattore fondamentale del controllare qualcosa è non essere parte di ciò che si controlla.

Nelle organizzazioni complesse chi fa audit è un gruppo che non dipende da nessun altro ramo dell’azienda (tipicamente risponde al CdA), o in molti casi è addirittura un’azienda esterna, magari facente parte del gruppo, ma sempre indipendente rispetto alla controllata.

Nella concezione anglosassone del giornalismo, i media sono appunti visti come cani da guardia della democrazia proprio perché, dall’esterno, controllano e “smascherano” tutti i trucchetti che i politici si possono inventare per mettere a rischio le libertà di tutti, o per nascondere delle cose al pubblico. Ed è ovvio che lo possono fare perché loro fanno parte di quel sistema, quindi gestiscono le cose come vogliono.

Stando all’interno del sistema si può sì cercare di migliorarlo ed renderlo più efficiente, di tagliare i rami secchi e di lavorare più costruttivamente. Anche opporsi, perché no, quello è il ruolo parlamentare di un’opposizione democratica, confrontarsi anche duramente per cercare di fare leggi in ogni caso buone per tutti.

Ma non si può controllare. Perché se quelli che stanno dentro il sistema si arrogano il diritto di essere controllori di loro stessi, allora chi controlla i controllori?